PEZZI di DADAS VII

di Davide Platolino - News Editoria Visual

“PRENDI QUESTA TI SENTIRAI PEGGIO”

Alfredo Covato – Dadas#1
Prendi questa ti sentirai peggio-01
Prendi questa ti sentirai peggio-01

“SORSI DI ROUTINE”

  Davide Platolino – Dadas#1

Stringo le dita attorno al tiepido contenitore di ceramica e annuso l’aroma di caramello e pane tostato. So che finché non avrò svuotato il liquido nero contenuto nella tazza, non saprò se il mondo di fronte a me è quello in cui devo vestirmi, andare al lavoro, mangiare e tornare a casa, o se è quello in cui ho regolari conversazioni con Elvis Presley e Winston Churchill mentre Scarlet Johansson e Jenna Ortega fanno wrestling nel fango, litigando per me, e infine mi trasformo in un pinguino viola volante. Purtroppo, delle due opzioni, sospetto che quella corretta sia la prima.

I miei occhi cercano sfumature o striature sulla superficie del liquido, ma non ne trovo. Mi porto la tazza alle labbra e finisco il caffè in tre sorsi, come mia abitudine consolidata, convincendomi che la massima emozione della mia giornata sarà parlare con Phil, il segretario dell’ufficio.

Continuo il mio rituale mattutino: apro il cassetto del tavolo, prendo la Smith & Wesson calibro ventidue, ruoto il tamburo verso il basso per aprirlo, inserisco un proiettile nella camera da dieci, mi punto la pistola alla testa, faccio ruotare il tamburo e premo il grilletto. Sento lo scatto a vuoto. Riapro la camera del revolver, faccio cadere il proiettile di nuovo nel cassetto e riappoggio la pistola al suo posto.

Il resto della giornata non è importante. Si svolge come dovrebbe: faccio chiamate, litigo con i clienti, mangio in uno dei bar della zona, chiacchiero con Phil, torno a casa, faccio una follia e ordino un takeaway, Phil mi richiama per un problema sul lavoro e vado a dormire. Ma non è importante perché può cambiare. Può variare.

Il risveglio, invece, è importante. Entro in cucina, prendo la Moka Bialetti appoggiata sul solito vassoio, svito la parte superiore, tolgo il filtro, riempio d’acqua la caldaia fino all’altezza di metà bullone, reinserisco il filtro, recupero il caffè macinato Pellini top, con il cucchiaio all’interno riempio il filtro senza sporcare i bordi, non premo il caffè e riavvito la parte superiore, assicurandomi che sia stretta.

Se c’è da cambiare la guarnizione, lo faccio la sera prima, se c’è da rifornire il contenitore del caffè, lo faccio la sera prima. La mattina non mi concedo variazioni.

E così sono di nuovo davanti alla tazza, incerto su quale mondo sto guardando. Non trovando indizi nella superficie del caffè, lo finisco in tre sorsi e mi preparo a parlare con Phil.

Apro il cassetto, prendo la Smith & Wesson 617 Cal. 22LR e il solito proiettile, e caricandola con cura, la punto alla testa, sento il solito click a vuoto. Il suono che sento tutte le mattine da novemilacentotrentuno giorni.

Non mi dilungo sulla vita quotidiana, ho chiamato Phil perché all’ufficio ho trovato la porta chiusa e mi sono sentito un completo idiota quando mi ha risposto che era sabato, così sono tornato a casa. Durante il ritorno in autobus ho conosciuto Sofia. Lei è interessante. Arrivato a casa ho guardato Netflix per dodici ore prima di andare a dormire.

La domenica è il mio giorno di riposo, quindi non svolgo nessun rituale. Mi sveglio alle 10 e il caffè mi viene particolarmente male. Recupero solo un cucchiaino dal cassetto e poi mi butto sul divano a leggere “Ferrovie del Messico” per diciassette ore. Dopo aver finito le 824 pagine, finalmente vado a letto.

Il fuoco è acceso al minimo, controllo il gas tutte le sere perché il fornello non abbia problemi, dopo quattro minuti e ventitré secondi sento il gorgoglio che mi avvisa di spegnerlo. Prendo la Moka per il manico, inclino la Moka di ventinove gradi e lo verso nella tazza. Porto il caffè in sala da pranzo e lo appoggio sul tavolo di marmo. Apro il cassetto, prendo un cucchiaino e lo mescolo. Decido che anche oggi mi ritrovo nel mondo dove Phil mi sta aspettando al lavoro. Così lo svuoto in tre sorsi e apro il cassetto, recupero la Smith & Wesson da 2052 euro e il mio proiettile da 16 centesimi. E come al solito lo sento, il click a vuoto, riappoggio tutto e chiudo il cassetto.

Trovo Sofia sull’autobus, mi fa l’occhiolino e mi dice che se al ritorno avessi preso quello delle diciannove l’avrei trovata. Ovviamente faccio tardi. Prendo quello delle venti, lei non c’è.

Il caffè Pellini top la mattina dopo invece sì, il barattolo di alluminio è nella terza anta partendo dal frigo, recupero il barattolo e lo appoggio sulla credenza della cucina, apro il tappo che appoggio al suo fianco sulla credenza e riempio la Moka con i soliti sei cucchiaini di macinato, non premo e non faccio montagnole, so già che il caffè sarà perfetto, rimetto il tappo al barattolo e lo riposiziono al suo posto.

Dopo averlo finito in tre sorsi, recupero la Smith & Wesson con una canna da 6″, ossia 15,34 cm, e inserisco il proiettile di piombo e stagno, ma sento solo il click vuoto.

Sofia mi sgrida, dicendomi che è rimasta delusa, mi scuso tantissimo e finisco per raccontarle del mio lavoro. Non sembra annoiata. Mi dice di nuovo che mi avrebbe aspettato con l’autobus delle 19. Ma al contempo mi ha dato il suo numero, dicendomi che se avessi fatto tardi avrebbe preso quello dopo. La cosa mi ha spiazzato.

Ho fatto tardi, ma lei c’era.

Parlando con lei, i quaranta minuti di ritorno in autobus sono passati in un lampo.
Faccio fatica ad addormentarmi, ma come al solito la sveglia risuona alle 7,45 di mattina, il rituale mattutino non mi concede di sgarrare.

Apro l’anta, recupero il barattolo, riempio la Moka, rimetto a posto il barattolo, accendo il fuoco, spengo il fuoco, verso il caffè, lo porto in soggiorno, apro il cassetto di sinistra, recupero un cucchiaino, lo mescolo, lo bevo in tre sorsi, apro il cassetto di destra, prendo la Smith & Wesson, carico una pallottola, ruoto, miro alla testa, click a vuoto.

Con Sofia ci diamo appuntamento per cena. Non conosco molti ristoranti quindi mi affido a Tripadvisor e ne scelgo uno con un voto di 4,7 su 5. La giornata sembra ancora più lunga del solito e Phil sempre più fastidioso.

Finalmente stacco, e mi dirigo al ristorante a piedi, non è lontano dal lavoro.

La cena non è male, ma quello che conta di più per me è vedere Sofia soddisfatta. Mi fa i complimenti e mi chiede se conoscessi già quel ristorante. Mento dicendo che ero andato sul sicuro per il nostro primo appuntamento. “Allora era un appuntamento,” mi prende in giro e mi piace. Ci baciamo, le sue labbra sono come un cantuccio al cioccolato inzuppato nel vin santo. Spero in qualcosa di più ma non trovo né le parole né il coraggio per invitarla a casa. Ci salutiamo.

Svolgo il mio rituale mattutino: click a vuoto.

Sofia mi prende la mano mentre facciamo insieme il viaggio in autobus e la cosa mi eccita, vorrei baciarla ma mi sento in imbarazzo, la sua pelle è così morbida e piacevole al tatto. “Stasera mi prepari la cena?” mi sussurra nell’orecchio. Non penso di avere mai risposto un “Sì” con tanta certezza. Durante la giornata faccio fatica a concentrarmi sul lavoro, non riesco a pensare ad altro se non ai suoi occhi verdi smeraldo. Ai suoi lunghi capelli neri, alle sue gambe degne del fisico di una ballerina svedese. Al suo culo che forma un perfetto cuore al rovescio. Ai suoi seni, piccoli ma proporzionati al fisico, di cui ogni tanto si intravedono i capezzoli al di sotto delle magliette leggere che porta. Per una volta Phil mi salva la vita, quando raccontandogli della serata che mi si prospettava con Sofia mi chiede “Cosa le prepari per cena?”.
Al che, pensando che forse una pasta al tonno non sarebbe stato di suo gradimento, apro l’app Deliveroo e trovo una gastronomia valutata 9 su 10. Et voilà, pronta una cena da ristorante stellato Michelin. Che rovino prontamente: riscaldando il salmone affumicato, bruciando il filetto alla Wellington e facendo scogliere il semifreddo al pistacchio di Bronte.

Nonostante tutto Sofia sembra apprezzare lo sforzo. Mi sorride e mentendo spudoratamente mi dice che sono un ottimo cuoco. Sono sicuro sappia che sono riuscito a rovinare una perfetta cena preordinata.

Quando la minigonna le scivola accidentalmente di dosso, non mi trattengo da trascinarla di peso in camera da letto.

La sveglia suona alle 7:45, la sento mugugnare, ma ignoro i suoi “altri cinque minuti” e mi dirigo in cucina.

Ho appena rimesso la pistola nel cassetto dopo il solito click a vuoto quando lei entra in sala da pranzo.

“Speravo mi portassi il caffè a letto” mi dice, triste che non avessi avuto quell’attenzione.
Le sorrido, “Se torni a letto adesso te lo porto”.

Lei scuote la testa: “Devo andare al lavoro”.

Prendiamo l’autobus insieme ma lei non mi prende la mano. “Ci vediamo stasera?” riesco a chiederle timidamente.

Il suo bacio mi riassicura. “Si, da te, ma questa volta cucino io”.

A Phil racconto quasi tutto e quando gli mostro il profilo Instagram di Sofia, mi risponde solo: “Questa sì che è una donna, una donna per cui si potrebbe morire”.

La giornata vola, mi sento felice, porto a termine pratiche che erano ferme da mesi, quasi euforico.

Non mi ricordo quando è stata l’ultima volta che ho mangiato così bene, Sofia è una cuoca straordinaria.

Non riesco a credere che in questo momento sono abbracciato a lei nudo sul letto.

Quando ci svegliamo scendo di nuovo in cucina da solo, apro la terza anta partendo dal frigo, recupero il barattolo e lo appoggio sulla credenza della cucina, recupero la Moka dal vassoio e la riempio con i soliti sei cucchiaini di macinato, riempì il filtro in maniera uniforme. Accendo il fuoco al minimo, aspetto il solito gorgoglio che mi avvisa di spegnerlo. Verso il caffè ai soliti ventinove gradi e riempio due tazze. Le porto a letto dove lei mi aspetta. Beviamo insieme il caffè e facciamo sesso di nuovo. Torno in sala, apro il cassetto e recupero la pistola, inserisco una pallottola. Sento il battito del cuore, è più forte del solito, la mia mano trema impercettibilmente. Per un attimo esito, ma alla fine ruoto il tamburo e sento il solito click…

 

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