PEZZI di DADAS VIII

di Arianna Cislacchi - News Editoria Visual

“Sacerdotessa”

Fabrizio Durigon – Dadas#1
Fabrizio_Durigon_sacerdotessa
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“SIA SPEZZATO IL TUO NOME”

  Arianna Cislacchi – Dadas#1

Placenta, canide, uccello.
Ancora uno, conta.
Placenta. Canide. Uccello.
Uccello.

Ti toccano la veste. Uno dei tuoi servi sta là a terra, rannicchiato come un verme al sole. Ti implora, ti chiama. Perché non ho pace mai, in questo posto. Lo sai, conosci bene la ragione, il perché non esiste pace per te, perché il tuo corpo non t’appartiene, perché tutti pendono dal suono della labbra dipinte, perché l’aria ti viene tolta, puoi ordinare punizione, decapitazione, sotterramento. Potresti distruggere con una parola tutto questo. Nessuno ti direbbe che sei in errore, nessuno rimpiangerebbe mai d’aver ricevuto Morte dalle mani tue. Sei stato scelto, ricordi? Quando salisti al trono godevi del sole caldo, degli arti intinti d’oro e oli, dei profumi delle creature femminili, del capo adorno di pietre e potere. Lo senti adesso, il potere? Lo avverti, Narmer? Cingi con occhi di folle quelle tavole scolpite, le scruti, percorri con le dita brunite, saggi la consistenza. Poggi la fronte sopra e respiri. Ansimi, ti distruggi. Il respiro non è uno solo, vorresti lo fosse, non lo è mai, ora è questa bestia grama, il tuo ennesimo servo che s’ancora ai piedi, Morte, gridi, Morte a chi ha osato toccarmi, ma a volte sono altri i sospiri, i gemiti degli animali, delle belve terrene e dei cieli, dove sono i tuoi dèi, dove li hai scolpiti. Dove li hai. Ascoltati.

Khonsu.
Upuaut.
Luna.
Sole.

Segui con gli occhi le linee che disegnano una figura imponente, stringe la mazza e il flagello, più accecante delle stelle, un colosso regale seguito da bestie bovine, piegate giù come radici di terra. La servono. Ti, servono. La tua ascesa, la vedi? Osserva la corona vermiglia, di sangue, ed eccoli sì, proprio loro volevi. Mentre le grida del servitore echeggiano nella stanza, tu assorbi altri lamenti, lamenti di seimila anime, le conti, sorridi velato, mille ogni papiro. Parli da solo, Narmer, o sai che ti stiamo giudicando? Conta, faraone, conta le morti sotto la tua mano. Volti la tavola e la pietra ti pare mormori, accosti l’orecchio, chiudi gli occhi, stringili finché non diventano buchi neri, cava l’orbita, rincorri i capillari, le venature, cerca là dove pompa il cuore, sangue eterno, sangue di figlio, sangue di re. Stanno bussando, bussano ancora. Tu non li farai entrare, vero? Sai bene cosa ti succede se lo fai. E tu non vuoi che accada, non lo vuoi. Altrimenti tutto questo, non si avvererà. Bravo, corri Narmer. Mostra chi ha il potere, mostra chi comanda qui. Con un battito di mani, l’Egitto è piegato al tuo volere. Che possano disintegrarsi le tombe, che la sabbia divori le loro gole, che straripi il Nilo, che anneghino, tutti. Tira le tende porpora, slega le corde argento, rompi la ceramica, distruggi i vasi, dai fuoco alle piante. Ora, afferra quei filamenti d’oro e portali al collo. Sei al centro, ci siete solo tu e quella tavola. Hai cacciato via il mondo, adesso il mondo non potrà aiutarti. Ma chi ha detto, che qualcuno desidera salvarti? Non ti distrarre ora, cerca i serpopardi, eccoli intagliati con cura mentre si avvinghiano come corpi nudi, non farli separare, afferrali per il collo, sfiora le squame, là perdono la pelle, cambiano, la muta è in arrivo. Sta arrivando la muta, Narmer, arriva anche per te. La vedi la tua pelle scorticata, si solleva, scivola a terra e ti intrecci a loro. La presa sul collo non fa così male, ringrazia, il dolore è un dono e tu ne fai parte. La catena dorata ti avvolge e tira, tira ti affievolisci, guarda che muscolo debole, che piccolo volto. Le fiamme avvolgono la stanza, si è formato un cerchio lo vedi che funziona? Non ti fermare. Non ti fermare. Arriva la musica. Arrivano i canti. Sono urla di anime dannate, le ricordi le seimila anime? Ti stanno reclamando, scrutano il loro re. No, non ti temono uomo. La paura l’hanno vinta con la morte. Sono felici, Narmer, osservale, non vedi che godono per il Faraone? I lamenti sono frecce che sfregano il tuo corpo, lame che sfilano sulle braccie e le gambe, non dimenticano un lembo di te. Le teste di serpente stanno soffocando, la morsa è folle. Il Caos si insinua, lo avverti, il Caos? Eccola, la tua vittoria, la resa delle terre e tu che esulti e vinci. Hai vinto, hai vinto Narmer. Il sangue scorre dalla corona vermiglia, è tuo, puoi sentire il viso bagnato, l’odore di rame, ci sei quasi, non arrenderti ora. Stai per vincere.
Qualcosa irrompe. Non era previsto. Cos’è questo rumore? Fuori c’è un coro che si alza, coro di folla, i soldati battono le lance, un grido di donna, uno strumento tintinna nell’aria.

La guerra, la guerra è alle porte, cosa facciamo mio Signore? Mio Signore? 

Apri gli occhi, i serpopardi si fanno spazio nella bocca, stanno entrando in te, il corpo si irrigidisce, si colorano di rosso, macchi la loro pelle nuova, e dire che ci hanno messo tanto per cambiarla, è sacrilegio questo, ma d’altronde non ci aspettiamo nulla da un comune uomo, uomo che decanta d’esser reincarnazione, Reincarnazione nostra, nostra. Cosa credete di fare, voi, uomini minuscoli, i vostri sguardi non dicono abbastanza, la mente è un vomito di pensieri perchè non fate mai stare zitti la vostra testa, e il cuore, quello l’avete afferrato agli altri, sacrificato, perché credevate che il vostro valeva più di chi vi sta attorno. Non ascoltare i richiami Faraone, odi altri tipi di richiami, i nostri. Più suadenti di mille schiave, più potenti di mille corone. La collana stringe, taglia, l’oro si fonde col tuo collo, e mentre ricadi sulle tavole di pietra, sai che hai vinto, tocchi con le labbra lo scavo dei lineamenti perfetti, il Caos ha regnato, l’unione dei Regni è realtà, ce l’hai fatta, Narmer. Coraggioso, incredibile Nemes. E mentre le porte del Palazzo si spalancano e la gente si getta contro, si incide, sparge voto a terra, piange di rabbia, la vista ti si annebbia, un velo nero e nella testa rimbomba un solo suono, una cantilena.

Placenta, canide, uccello.

 

 

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